«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

martedì 12 maggio 2009

Ahi, Cunego; documento esclusivo!



ECCO IL MOMENTO DECISIVO (MA IN NEGATIVO) PER DAMIANO CUNEGO A S. MARTINO DI CASTROZZA. LUI E DANILO DI LUCA - UN METRO DAVANTI AL VERONESE - SCATTANO INSIEME, IL VERONESE PERO' METTE PIEDE A TERRA PER LO SGANCIAMENTO IMPROVVISO DEL PEDALE. SIAMO A 550 METRI DALL'ARRIVO DELLA 4^ TAPPA. SE C'ERANO POSSIBILITA' DI VITTORIA, LI' SI SONO ARENATE.

domenica 3 maggio 2009

L'Italia del Giro (parte1).



IN ATTESA DELLA GRANDE AVVENTURA ROSA, ECCO IL CICLISMO DELL’ALTRA META’ DEL SELLINO. MA CHI NE SCRIVE? ZOMEGNAN? TOPO GIGIO? SERGIO NERI? BEPPE CONTI? LORENZO ROATA? MAGARI EDITA PUCINSKAITE? NOSSIGNORI!

Articolo speciale di Ilaria Pranzini.

“Difficile dire com’è cominciata! Sono sempre andata in bicicletta con passione e ho sempre seguito le corse con passione – tranne un 'buco' di una decina di anni in cui... non mi piaceva più. La mia è una famiglia di ciclisti urbani, mio padre e mio marito sono sempre andati a lavorare in bicicletta (e non sto parlando di distanze sui 2 km), io mi muovo fondamentalmente così, anche perché fino a ieri non avevo l'automobile e non sono così pazza da usarla in città.
Ci sono tre momenti che voglio ricordare, anche per non farla troppo lunga: 1987, Stephen Roche, Giro e Tour; 2002, la prima Critical Mass a Firenze; 2008, Emanuele Sella al Giro e Andy Schleck al Tour.
Nel 1986 avevo 12 anni e come sempre seguivo il Giro in tv distrattamente, perché lo guardavano i miei. Quell'anno però c'era Stephen Roche: amore a prima vista! Cominciai a divorare (e ritagliare) tutti gli articoli che trovavo. E ce li ho ancora! Mi colpivano l'umiltà e la tenacia del campione irlandese e, se ricordo bene, un'accesa rivalità con qualcun’altro (rimosso!). [Roberto Visentini? N.d.Manuel.]
Mi piaceva ricamarci su, inventare storie epiche ed avventurose con lo sfondo eccitante del Tour. In quella primavera-estate, come ogni brava bambina un po' maschiaccio, mi divertivo a correre anch'io in bicicletta, facendo finta di essere il mio campione (o la sua innamorata, a seconda del momento).
Poi, 'buco': il ciclismo anni '90 non mi piaceva più. Facile dire a posteriori che era per il doping. Non so. Forse ero io che avevo trasferito le mie fantasie in altri campi. Però sinceramente le belle storie semplici e umane della mia infanzia non le ritrovavo più. I campioni di allora, puliti o meno, mi sembravano un po' tutti sopra le righe. Continuavo non di meno a pedalare in proprio, ma con mezzi sempre più scarsi.... fino ad una misera Graziella usata sottratta alla mia mamma. Il fidanzato (poi marito), che si faceva il San Baronto giornalmente andando a lavorare, mosso a pietà mi iniziò alla MBK. Mi ricordò delle gran sudate e qualche magra consolazione: da quelle parti si allenavano (e si allenano ancora) fior di ciclisti, che nel tempo di una mia girata mi passavano e ripassavano quattro o cinque volte.
2002 neo-mamma, sindacalista di base impegnata a tempo pieno nel movimento no-global (diciamo così per brevità) riconquistavo con entusiasmo le strade della mia trafficatissima città pedalando nelle schiere rissose della prima Critical Mass. Un'esperienza fondamentale! Finalmente non avevo più paura del traffico e mi godevo la bici anche in città, sperimentando liberamente, acquistando sicurezza in me e nel mio mezzo. La bicicletta può cambiare il mondo: vedi il post con cui ho aperto il mio blog Da Marx a Merckx [eh, eh!]. (Dio mio…. N.d.Manuel)
2008 mentre sudavo sui libri per l'esame di stato, ormai quasi professoressa, mio figlio si esaltava per il Giro d'Italia... e mi contagiava clamorosamente. Un'occhiata oggi, una domani, alla fine non studiavo più un tubo ed ero incollata al televisore a tifare per Emanuele Sella: amore a prima vista! Difficile spiegare cosa ho provato e perché ho deciso su due piedi di comprarmi finalmente la bici da corsa. E' stato come riaprire gli occhi sul mondo, vedere la bellezza, la varietà dei paesaggi, la passione della gente, sentire di nuovo la gioia della sfida con se stessi, col vento contrario, con la salita, (col traffico). In quell'estate caldissima mi sono rimessa a pedalare e ho provato la sensazione incredibile di leggerezza che dà la bici da corsa: mi sembrava di volare!
Tour de France: mentre sfrecciavo sul lungomare versiliese e mi arrampicavo penosamente sulle pendici delle Apuane, e tornata a casa divoravo Cycling Pro e BiciSport, in tv c'era il Tour e io non me ne perdevo neanche un secondo. Il mio Lele (Sella) si era appena sposato con la mitica Lara e di lì a poco sarebbe stato scoperto con le mani nella marmellata: mazzata durissima per me! Ma come?! In compenso... c'era Andy Schleck! Ma questa è storia d'oggi, basta dare un'occhiata a www.allezandy.com Dirò soltanto che Andy, come Sella (prima) e come Roche (sempre) è uno di quei ragazzi semplici dal sorriso luminoso che piacciono a me.
Per concludere: il ciclismo visto da una donna forse è meno aspetti tecnici, risultati e tabelle e più fascinazione per storie di vita, sfide, belle foto di bei ragazzi (perché no?) e fedeltà ai propri campioni nella buona e nella cattiva sorte. Il ciclismo praticato da una donna forse non è tanto diverso da quello praticato da un uomo: bisogna amare la fatica e la libertà. Forse noi abbiamo meno spirito agonistico, ma ci sono tante cicliste che mi smentiscono coi fatti. A me personalmente interessa gareggiare in primo luogo con me stessa e recuperare il tempo perduto col sedere attaccato alla sedia e lo sguardo basso sui libri.”


Grazie a Ilaria per aver accettato la mia richiesta. Preoccupata per il fatto che aveva scritto un pezzo bello lungo, le ho risposto che non ne avesse pensiero.
Il Giro è in partenza. Nei giorni di corsa non farò dei post al riguardo, se non pochi. Questo perché gli spunti che una corsa come il Giro dà, sarebbero talmente tanti che ogni giorno dovrei essere nel web. Grazie a tutti e tutte voi per aver reso bella l'attesa partenza della corsa rosa. Ricordo poi che - parlando di corsa rosa - se questo non è soltanto l’anno dei 100 anni del Giro, ma anche l’anno del 20° Giro-Donne. Ma c’è ancora un po’ di tempo…

venerdì 1 maggio 2009

Maggio; l'editoriale.


Luigi Ganna; il primo..... dei primi!

LA POESIA DI VENEZIA, LA LEGGENDA DELLE DOLOMITI, LE TAPPE SUGLI APPENNINI DELL’ITALIA FERITA A MORTE, E POI L’ARRIVO NELLA CITTA’ ETERNA. RIEMPIAMO LE BORRACCE CON LA NOSTRA PASSIONE E FACCIAMONE POESIA. TOCCA AI CAMPIONI E ANCHE A NOI. 3.395 CHILOMETRI E UN SECOLO D’ITALIA.
ECCO IL GIRO DEI 100 ANNI.

1° MAGGIO; MANCANO 192 ORE ALL’INIZIO DEL GIRO D’ITALIA.

Praticamente 300 croci; l’Italia del Giro 2009 inizia da qui. Tanti decenni fa, quando la guerra sbriciolò la nostra penisola, il ciclismo era in bianco e nero. Chi aveva qualche centesimo (di lira) in tasca, poteva acquistare il settimanale La Domenica del Corriere, dove i volti dei campioni dello sport erano disegnati da maestri della matita. La gente si riuniva sulle strade, bianche e polverose, per regalarsi un momento di gioia. Non erano automobilisti in coda, ma contadini che lasciavano il campo di grano o di patate per un paio d’ore. Ecco ad un tratto il passare dei campioni che molti conoscevano per sentito dire. Era il Giro dei racconti di chi, fortunato, aveva assistito al passaggio della corsa. Era il Giro delle radiocronache che ci raccontavano di; “…un uomo solo al comando. La sua maglia è bianco-celeste… il suo nome è Fausto Coppi!”, che tanto hanno fatto scrivere. Era il Giro dei ciclisti che nelle tasche avevano il panino con il pezzo di formaggio, dell’acqua che arrivava dalla fontana, delle banane quasi rubate da un carretto, con la promessa – mai mantenuta – che sarebbero state pagate.
L’Italia di oggi è lontana da quegli stenti, miserie, patimenti. Ma saranno tappe velate di dolore quelle che arriveranno vicine alle terre d’Abruzzo colpite dal terremoto, in una Pasqua passata da un pezzo che mai è stata così triste da tanti anni. Forse saranno benedette come non mai, le 3 settimane che da qui a pochi giorni racconteranno l’Italia della passione e della fatica. Far dimenticare per 2 ore al giorno quello che una notte della Settimana Santa ha portato.
Ma quando parte un giro d’Italia è anche il nostro momento. E si, perché siamo noi lo spettacolo vero, genuino e vario di quello che ormai non è più una manifestazione sportiva. Ormai è tempo di parlare del Giro come di una pagina che abbraccia anche la nostra cultura. Ed è tempo di rivedere il ragazzino che, saltata la scuola grazie alla passione di papà, adesso saluta felice la strombazzante carovana colorata, com’anche di tornare a bere un bicchier di vino con chi magari nemmeno conosci e rivedrai mai, o magari di fare la foto ricordo davanti ad un tavolo imbandito, perché il pranzo è fatto sul prato di una montagna a quasi duemila metri dove passano centinaia di appassionati ciclisti in 6 o 7 ore di attesa. L’Italia del Giro mette il vestito a festa, e non serve che siano le campane della chiesa al mattino, a dirci che è veramente un giorno di festa. È tempo di Giro d’Italia e per 3 settimane ogni giorno è domenica, come disse Indro Montanelli.
Ci sono i campioni, le salite, le volate, gli scatti, le ammiraglie, le gambe che fan male dei ciclisti, le gambe da guardare delle miss, la maglia rosa, le montagne, Stanlio & Ollio in cabina di commento e spero rivedremo il parrucchino di Mario Beccia. E ritroveremo anche i racconti di chi, più avanti con gli anni, ci racconterà di quella volta in cui Saronni…, di quando Fignon…, di quella volta che Pantani…, di quando Bugno, Indurain, Simoni, Cipollini e tanti altri. Lasciatemi dire che la scelta di saltare quasi tutte le Dolomiti è stata casualmente azzeccata. Con il tempo che abbiamo avuto ad Aprile, sarebbe stato necessario far anticipare la carovana della corsa non dalla carovana pubblicitaria, ma dai mezzi spargisale dell’ANAS.
Quattro generazioni di sogni. È il Giro d’Italia dei 100 anni e manchiamo solo noi. Che aspettiamo gente? È un po’ la festa di noi appassionati (e appassionate). Gonfiamo le nostre ruote, perché finalmente si parte.

AGGIUNTA; ho volutamente tagliato una parte che era riferita ai protagonisti attesi al Giro. Ho sempre pensato che una qualunque persona adulta abbia una possibilità bellissima ed importante; rinunciare all’egoismo e saper essere un’esempio per chi è più giovane. Quando trovo l’amico Shaka che mi lascia un suo commento – giustamente molto amareggiato – sulla vicenda Rebellin, vedo tra quelle poche righe un’altra occasione che il ciclismo ha buttata nel cesso. Usiamo allora la rabbia che sentiamo per diffondere l’idea più bella del ciclismo che piace a noi.
Si ricordino tutti quei ciclisti che seguiamo tra giornali, TV o sui cigli delle strade, che tradendoci con la falsità quelle le stesse strade inizieranno a svuotarsi, e che saranno stati loro stessi gli artefici dell’uccisione della loro stessa passione. Se è questo che vogliono facciano pure, ma sappiano che il male che fanno a noi appassionati veri, senza troppi “prima o poi” lo riceveranno indietro, trovandosi a pedalare senza incitamenti attorno a loro. A Shaka mi vien da dire; “Portiamolo noi l’esempio e non svuotiamo le nostre borracce.”
Altra cosa; da fonte certa avevo saputo da settimane della positività accertata della Cucinotta. Ora questa notizia arriva sui giornali (Gazzettino), proprio nel momento dedicato alla rogna di Rebellin. Cos’è, che adesso escono uno dietro all’altro?
Se vi interessa, consiglio di prendere in edicola (con la Gazzetta a 16 euro) il libro ufficiale del Giro del Centenario; è abbastanza caro, ma trovano posto foto molto belle e rare dei più amati campioni dall’archivio Gazzetta, con articoli che raccontano tantissimi momenti storici ed epici. Oppure lo trovate in libreria. È fatto proprio bene e racconta 100 anni d’Italia. Scusate la lunghezza ma questo mese è andata così.
Con un bacio all’Abruzzo.