«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

sabato 4 giugno 2016

Pagelle del Giro 2016

Ognuno di noi vede ogni anno un suo Giro. Come sempre proviamo a metter giù quello visto da chi scrive, sapendo che qualcosa fuori resta sempre.
VOTO 10 – STEVEN KRUIJSWIK (e come diavolo si pronuncia); con una costola scricchiolante e tre montagne da superare riesce a perdere soltanto un minuto e mezzo da Nibali nella penultima frazione. Due palle così! VOTO 9 – VINCENZO NIBALI; in due giorni fa un quarantotto in classifica e tirando calci da mulo a tutti i migliori. Quando sembrava con un pedale nella fossa ha zittito quasi tutti, tranne i giornalisti che lo davano per morto tre giorni prima. Unico italiano nei dieci della generale, dove persino la Colombia ha fatto meglio con tre corridori. VOTO 8 – ALEJANDRO VALVERDE; Sbandierato come uno dei favoriti, poteva vincere solo per debacle di Nibali. Non dimentichiamo che l’unico Gran Tour vinto è del non troppo vicino 2009. Fa rabbia pensare che un talento come il suo ha buttato un pezzo di carriera per attaccarsi alla rogna Operation Puerto. Altro podio a 36 anni con probabile prossimo futuro da gregario nel mese di luglio per Quintana. ESTEBAN CHAVES; il talento c’è, tutto il resto deve maturare, ma la sua generazione ciclistica annovera Quintana e Aru. Stai a vedere che mi arriva nel posto giusto negli anni sbagliati? VOTO 7 – DIEGO ULISSI; anche quest’anno due tappe al Giro e vinte bene. Adesso però dovrà lasciar la firma anche fuori dagli italici confini. Non vorremmo un Visconti-Due. DAMIANO CUNEGO; se l’ex bocia avesse portato a casa la maglia azzurra, alla Nippo avrebbero tirato su un festone di tre giorni, che forse avrebbero pure chiamato Zandegù a cantare. Il veronese non si smentisce nemmeno da ‘vecchietto’ rispetto a 10 anni addietro, quando capitava che se non gli veniva chiesto niente, spesso tirava fuori le cose migliori. Doveva fare due stagioni e finire quest’anno, ma pare che voglia aspettare ancora un po’. VOTO 6 – PERCORSO 2016; va bene che la testa della Gazzetta era già lanciata al 2017 e tre quarti del Giro numero 100 sono già disegnati, ma i primi dieci giorni di questo…. VOTO 5 – DOMENICO POZZOVIVO; qualche anno fa cambiò squadra per provare a diventare grande. Passano le stagioni e forse gli anni migliori potrebbero essere già passati. VOTO 4 – RIGOBERTO URAN (URAN); al Giro lo aspettiamo da qualche anno. Lo stiamo ancora aspettando. VOTO 3 – GREIPEL; e ai vari Greipel del gruppo. Ormai si sa che il Tour fa gola a tutti, ma qui si esagera. Il prossimo Giro sarà il numero 100. Verrebbe voglia di dire no a qualcuno. E se non fosse per questioni di soldi da incassare e vetrina (atteso un cast ciclistico stellare), scommettiamo che Mauro Vegni lo farebbe volentieri con più di qualcuno? LANDA; poca roba e tante chiacchiere. Da un Giro del Trentino a quello d’Italia non v’è paragone. VOTO 2 – INDOVINA CHI; microfonare (e stipendiare) un ex ciclista espulso dal Giro per questioni doping come spalla tecnico/ciclistica per il commento del dopo corsa, un giornalista pensionato che ormai parla di Balmamion, Massignan e l’arrivo a Triste a ogni piè sospinto, la scomparsa totale dalla trasmissione di altri giornalisti, ricambiata dalla grande novità come opinionista; Davide Cassani! VOTO 1; visto che Bartoletti non c’era (davanti le telecamere, perché era comunque in carovana a spassarsela con RCS che paga), e che di Sgarbozza non abbiamo sentito la mancanza, il voto basso lo diamo agli spettatori deficienti che ogni tanto sbucano tra i tornanti delle salite.

mercoledì 1 giugno 2016

Giro 5: Trentin brucia un Moser 'vittima' del ciclismo d'oggi?

Tanti anni fa, ha un gruppo tecno-pop tedesco di nome “Kraftwerck” diede alle stampe musicali una canzone intitolata “We are the robots”. Giovedì 26, tappa numero 18, la più lunga del Giro con 244 chilometri e arrivo a Pinerolo. Vince Matteo Trentin, dopo aver ‘fucilato’ Moreno Moser a 250 metri dal traguardo. “Non ho visto Trentin arrivare” spiegherà Moser nel primissimo dopo-tappa. Il trentino della Cannondale ha fatto riferimento all’aver perso l’auricolare dall’orecchio nel finale di corsa. Moser è rappresentante di quella ormai 2^ generazione ciclistica che corre in maniera praticamente radio-comandata. Ma non è possibile giustificare questa disattenzione con l’inconveniente unito all’apparecchio radio scollegato. Sarebbe bastato girare il capo un solo secondo e forse l’istinto del corridore avrebbe acceso nelle sue gambe quella reazione ch’è costata una possibile vittoria. Radio o non radio un’occhiata veloce devi darla.

Giro 4; come sta Vincenzino mio?

Queste righe vengono scritte un tardo pomeriggio, quasi ora di cena, dopo la tappa numero 16 di martedì 24 maggio. Vincenzo Nibali esce di classifica per la vittoria, causa ennesimo ritardo maturato dal leader. Come passa il traguardo gli inviati RAI si catapultano verso il siculo, ma non riescono a fermarlo per chiedergli il motivo di una ennesima debacle. Nibali è nero e pare comprensibile. Allora scatta il piano “B” che è quello di fermare Paolo Slongo, preparatore Astana, più facile da raggiungere causa stazza, per saperne di più. Slongo spiega che faranno degli esami al corridore per capire se eventualmente si tratta di un problema di salute, oppure di semplice e umana stanchezza, e che comunque ogni ipotesi è abbastanza prematura. Visto che ogni ipotesi è abbastanza prematura, un minuto dopo ci pensa la reggente del CSO (Convento della Sacra Omertà) a iniziare col dire che Nibali ha problemi di salute, perché ne ha parlato Slongo. Ecco, chi scrive ha sempre creduto che il giornalista fosse una persona che di mestiere raccontava al mondo quello che in quest’ultimo succedeva. Invece si tratta, pare, di una persona con licenza di potersi autorizzare da sola nel far diventare una propria interpretazione una notizia vera e propria.

Giro 2: parlare di doping si, e senza trattarci da cretini, grazie

Nella puntata di giovedì 19 maggio al proCESSO alla tappa ‘spiegamento di forze’ per parlare di doping e di Danilo Di Luca, senza nominare il doping e senza nominare Danilo Di Luca. Suor Alessandra invita alcuni ciclisti per difendere l’immagine della categoria dalle cose che sono riportate nel libro dell’ex scalatore abruzzese. Se da una parte si può certo condividere il bel sentimento di voler difendere i corridori dando loro la parola, con Manuel Quinziato come voce principale del gruppo in questa occasione, è apparsa abbastanza penosa la scelta di non voler nominare Di Luca per nome, ma come un’entità denominata “un ex ciclista che non ha lasciato un bel ricordo”. Nota positiva, o almeno di buon gusto, il fatto che non è stata data la parola a Garzelli, espulso dal Giro 14 anni addietro per questioni doping, e oggi opinionista RAI. Ma se si vuole difendere il ciclismo non serve a niente non fare nomi, solo per non fare pubblicità al libro di Danilo Di Luca, con il ‘rischio’ così di dargli la possibilità ce gli permetta di riflesso di vendere ancora di più. E se la gente ha sempre un alone di sfiducia, Suor Alessandra convochi tutti i ciclisti (basterebbero solo gli italiani, e ve ne sarebbe un buon gruppo per riempire lo studio) che hanno avuto magagne doping nella loro carriera. Perché la sfiducia della gente non nasce con il libro dell’ex dopato Di Luca, ma da ben prima, con troppi ex che sono purtroppo finiti a guidare un’ammiraglia, o con un microfono addosso per spiegare come si fa il ciclista. Meglio Martinello, che come ‘previsore’ del tempo fa pena, che continuare a spiegare le cose dosando le cose da dire, e soprattutto quelle da NON dire con nomi e cognomi.

Giro 1: il 'bunker' televisivo del dopo-tappa RAI al Giro

Vediamo di farci qualche amico. Il Giro RAI ha espresso cambiamenti in positivo e altri che purtroppo sono ancora ancorati agli ultimi anni, senza credo possibilità di variazioni. Non buona ma buonissima la fuoriuscita dal palinsesto Giro del programma “Bar-Toletti”, insulso angolino che Bartoletti si era costruito a sua misura per ospitare l’amico procuratore di turno (turno per modo di dire visto che c’era sempre Pasqualin), e con le fesserie di Sgarbozza di cui non si sente la mancanza tecnico/ciclistica. Siamo tornati a parlare di ciclismo senza una conduzione che dopo 10 minuti ti faceva cambiar canale per il mielismo sparso a quintali sulla balla colossale del tutti-che-stimano-tutti. Sulla sponda acclesiastica paratie chiuse in maniera ermetica per il proCESSO alla tappa di Suor Alessandra, dove abbiamo Davide Cassani (novità assoluta!) che è tornato forse per correre in aiuto dal punto di vista del commento tecnico nelle analisi dei momenti post-tappa. Per il resto più spazio ai corridori e questo non dispiace, ma sono spariti totalmente i giornalisti delle altre testate e così anche i direttori sportivi. Ogni tanto torna qualche ex (una rosa ormai ristretta a pochissimi eletti). Ipotesi al vaglio fino a questo momento; 1) i giornalisti si sono semplicemente rotti le balle; 2) Suor Alessandra vuole condurre a suo piacimento gli argomenti proposti, per fare a Garzelli lo stesso tipo di domande che faceva con Beppe Conti; “Beppe, diciamo ai nostri telespettatori che oggi ha vinto Tizio, e Caio è arrivato secondo?” con Beppe Conti (e oggi Garzelli) che le rispondono pure. Stesso stile per Pancani che continua a rivolgersi a mister “Assolutamente” al suo fianco con annotazioni del tipo; “E io credo Silvio, dimmi se sei d’accordo, che una ruota sgonfia gira certamente, ma è meglio averla gonfia per fare meno fatica nel farla girare”.